Vorrei diventare padre, ma non posso.

So che sembra davvero presto per fare questi ragionamenti, ma devo confessarvi che è un pensiero che mi tormenta da un paio di anni ormai e si ripresenta come una freccia alle mie spalle in molte occasioni. Occasioni che ricordo perfettamente.
Un ragazzo gay che vive in Italia non ha molte scelte se ha un piccolo desiderio nel cassetto che fa parte dell’indole umana: rassegnarsi a una vita in cui un cucciolo di cane possa sostituire i pianti del proprio figlio alle tre di notte; oppure trovare un modo di reagire come trasferirsi in un paese dove la mentalità  collettiva sia più aperta a riguardo o appellarsi ad uno dei modi che la scienza ci offre in questo secolo.

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Mi ricordo perfettamente il momento in cui quella freccia mi ha colpito direttamente nel cuore e ho realizzato per la prima volta che non sarebbe stato tutto così semplice, come per qualsiasi altro membro della mia famiglia, riuscire a ricoprire la figura di padre per qualcuno.
Ero al buio di una platea tra i fremiti di mamme entusiaste della performance in tutù delle proprie bambine, e mentre la mia piccola cuginetta era sotto i riflettori, gli occhi di mia zia erano illuminati, come se vedesse la Zakharova dentro il costume di scena e le scarpette. In quel preciso momento mi sono chiesto se in futuro avrò mai potuto provare la stessa gioia in un contesto simile.
Sul momento non ho risparmiato qualche lacrima data l’atmosfera senza luce e la mia indole innata al pianto che mi perseguita da quando sono nato e credo che non mi abbandonerà mai.

La seconda occasione in cui mi sono ritrovato nuovamente davanti al pensiero è stato durante un’ora di religione della quinta liceo. La nostra professoressa era solita a proporci argomenti di cui discutere con gli altri compagni, e il dibattito del giorno era appunto il matrimonio e la possibilità alle persone di LGBT di avere figli. Dopo aver fatto esporre a tutti la propria opinione sul tema, la professoressa, a cui non avevo mai fatto mistero del mio orientamento sessuale, mi chiese cosa ne pensassi io. Raccontai anche a loro la storia dello spettacolo di mia cugina. Credo che le mie compagne siano rimaste abbastanza sconvolte a vedermi scoppiare in lacrime nonostante la luce e la presenza di altre persone che mi guardavano, ma in queste occasioni trattenermi mi riesce davvero difficile. (Ora non prendetemi in giro però!)
Mi colpì molto quello che mi disse la mia insegnante, che quando conclusi mi ringraziò con il cuore in mano di aver condiviso con loro la mia esperienza. Era un ringraziamento sincero, glielo lessi nei suoi occhi che si commuovevano insieme ai miei e quelli delle mie compagne.
La domanda che posi loro fu semplice: “Che colpa ho io di essere nato così?  E per questo motivo gli altri dovrebbero decidere per me una cosa così personale capace di far soffrire un diciottenne? Immaginate come possa sentirsi un adulto che vorrebbe avere anche solo la possibilità di poter creare un proprio nucleo famigliare.”

Tutto questo ve lo sto raccontando perché oggi sono andato a trovare mia zia, che giusto ieri ha fatto nascere il mio primo cuginetto maschio, e prendendolo in braccio mi sono passate in mente tutte quelle mie speranze di poter tenere tra le braccia in futuro un bambino che se anche non avrà il mio stesso sangue (o magari si) considererò mio figlio e lui considererà me suo padre.

Spero che questa ingiustizia gratuita un giorno possa avere una fine e che rileggerò tra un po’ di anni questa mia pagina di diario insieme ad un bel bimbo o bimba che sia, ridendo sulle mie speranze diventate realtà.

Love u, D.

8 pensieri su “Vorrei diventare padre, ma non posso.

  1. Capisco bene il tuo pensiero e desiderio. Che non è certamente un desiderio “gay”. È un desiderio umano di genitorialità . C è chi ce l ha e chi no, e non dipende dall esser gay o etero, come non dipende da queste ultime cose il fatto di esser un buon genitore o che un figlio cresca bene. Io ho 25 anni, e un fratellino con 18 anni in meno di me(7 anni). L ho preso in braccio appena nato , lo andavo a prender dalla culla la mattina quando i miei erano stanchi.gli ho cambiato i pannolini, ho giocato con lui e lo vedo crescere (anche se adesso non sono sempre a casa con lui). Avendo un papà che mi ha avuto a 22 anni , spesso mi son visto come un papà, ma chiaramente, in italia, non è cosa facile per un ragazzo gay (e giovane visto i tempi che corrono). Ma in italia esistono gia moltissime famiglie omogenitoriali. Ne conosco alcune, ed è bellissimo vedere che vivono felici con i loro figli che crescono anno dopo anno . In italia! Tralasciando l omofobia che dilaga sul tema, la nostra genitorialità non la decideranno certo gli omofobi. E un giorno anche io e te potremo essere padri. Perchè rompiamo lo stereotipo: i gay non sono per la maggior parte ninfomani da dark room. Siamo umani, con desideri umani, come chiunque altro. È cosi “anormale” per noi sognare o progettare un futuro , una famiglia con chi amiamo? L ho sempre fatto ,fin da piccolo. E nonostante ci sia gente che vuole impedirci anche solo di sognare , continueremo a farlo e a realizzare quei sogni.

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